22 Apr Gli artisti sapranno sempre trovare il cuore di un racconto nuovo e questo è il nostro compito. Intervista ad Andrea Chiodi, regista teatrale
Ciao Andrea, in questa pausa in cui tutto sembra essersi fermato e in cui lo stesso concetto di teatro, in quanto evento sociale, è messo in crisi, in che modo un regista vulcanico come te si sta ponendo?
È sicuramente un momento complesso, difficile, non so se torneremo migliori di prima, io ero felice, stavo facendo tutto quello che mi piaceva e per cui avevo tanto lavorato… certamente ci si interroga e si recuperano sguardi nuovi, pause e riflessioni… tutto questo avviene un po’ in solitaria e certamente manca la socialità, a me manca molto.
Credo però che un artista innanzitutto è, non fa finta di essere, quindi non ci potranno togliere il pensiero e la creatività e quella sboccerà sempre, magari in altro modo, in nuove forme, ma risboccerà e ritornerà ad essere un incontro tra cuori e pensieri, tra pubblico e artisti.
Giovanna d’Arco, 2013, Tra Sacro e Sacro Monte, Varese.
Ripercorrendo il tuo lavoro emerge evidente l’aspirazione a riportare il teatro a una sua dimensione di evento popolare, sia nella sua spettacolarità che nella sua dimensione più intima e profonda. Penso alla regia di alcuni eventi istituzionali come la celebrazione dei 60 anni della Costituzione, il lavoro sulla drammaturgia sacra nello spettacolo sulle terrazze del Duomo di Milano o il teatro tradizionale vero e proprio. Data la vena “visionaria” che ti ha sempre caratterizzato, come ti stai figurando il teatro di domani alla luce degli ultimi accadimenti?
Non riesco a farmi un’idea precisa, anche perché non abbiamo direttive chiare… certo per me il luogo teatro non è mai stato vincolante, molto amato certamente, ma non vincolante.
Mi piace pensare che ci sarà arte in ogni luogo, che il desiderio di tornare a raccontare ed emozionare sia più forte del palcoscenico, e quindi sì, mi immagino altri luoghi dove la fruibilità sia più adeguata al momento e per questo sto pensando ad un progetto particolare che porti il teatro nelle piazze, che poi è il luogo da dove ho incominciato.
Ma si tornerà anche nelle sale, lo desidero, lo desidero per quella famiglia meravigliosa che si crea ad ogni produzione, famiglia che parte dal custode del teatro passando dalla signora delle pulizie che si emoziona durante le prove, ai facchini, elettricisti, macchinisti, sarte, truccatori, direttori di scena, direttori di sala, biglietteria, compositori, ufficio stampa, direttore di produzione, assistenti, coreografi datori luci e certamente attori, danzatori… e l’elenco è ancora lungo…
Lungh me la Fabrica del Dom, 2015, Duomo di Milano
L’arte, giustamente, non figura tra le attività di prima necessità, eppure il teatro ha sempre indagato il dramma dell’uomo e il suo mistero. Che contenuto credi possa avere il teatro di oggi e di domani? Secondo te il teatro ha ancora ragion d’essere per rispondere al dramma della situazione attuale dell’uomo? che funzione e che utilità, che contributo può dare nella situazione attuale?
Forse non sarà di prima necessità, ma l’arte in varie forme sta entrando nelle case di tutti attraverso film, cinema, musica, teatro on line e sembra che invece ce ne sia un gran bisogno. Da sempre arte e bellezza sono stati compagni della storia dell’uomo e questo non finirà, ne sono certo.
Ci si metterà a ripensare certo, magari capendo che in una prima fase ci sarà anche bisogno di sorrisi e meraviglia e non solo di ripensare al dramma che viviamo… l’arte vive comunque del presente, un attore va in scena portandosi anche quello che è accaduto un minuto prima dell’alzata del sipario, il pubblico è diverso anche solo se fuori fa caldo o fa freddo, figuriamoci con tutto quello che ci porteremo dopo o durante tutto questo, certamente entrerà tutto prepotentemente sui palcoscenici.
Sappiamo comunque che da sempre i grandi autori ci sono venuti in soccorso per capire sempre di più il dramma dell’uomo, i suoi pensieri e i suoi vissuti. Ne faccio esperienza con alcuni dei più grandi autori e dei migliori interpreti della scena italiana, ormai da dieci anni al festival Tra Sacro e Sacro Monte che dirigo.
Questo è davvero il luogo teatrale dove di più sono certo dell’utilità del mio lavoro, e che mi da la forza per portare sempre questo senso in ogni produzione che faccio e penso per esempio alle bellissime esperienze fatte a Parma al teatro Due e ora moltissimo con il teatro stabile di Brescia insieme ad Elisabetta Pozzi e al direttore Bandera, con cui ragioniamo molto del futuro e a cui sono grato per il dialogo importante che è nato, oppure penso alla direzione della stagione di prosa del teatro di Varese che stava appena ripartendo e stava dando frutti bellissimi che dobbiamo cercare di non perdere.
La bisbetica domata, 2018, LAC Lugano
C’è qualcosa d’altro di cui vorresti parlare?
Vorrei solo dire che il teatro è un’ impresa, fatta di tantissimi lavoratori, lo spettacolo è solo la luce che brilla alla fine di tutta una macchina organizzativa, produttiva fatta davvero di tantissime persone che vivono dentro e fuori il teatro di questa lavoro, dai trasportatori alla prima attrice, più tutto un indotto enorme di ristoranti, alberghi, taxi…. insomma gli artisti sapranno sempre trovare il cuore di un racconto nuovo e questo è il nostro compito, ma le istituzioni non devono abbandonare un impresa grande e cosi importante per il nostro paese.
Andrea Chiodi, noto regista teatrale, assistente alla direzione artistica del LAC di Lugano, direttore artistico del Festival Tra Sacro e Sacro Monte e della stagione di prosa del teatro di Varese.
Collabora con la Pontificia Commissione ai Beni Culturali, è stato ideatore di importanti produzioni istituzionali come i 60 anni della costituzione, i 150 anni dell’unità d’Italia, la Caritas mondiale in Expo, ecc. E’ inoltre affermato regista per il teatro Argentina di Roma, per il teatro Due di Parma, per lo Stabile di Brescia e per il teatro Olimpico di Vicenza.